Frasassi's friends

Acqua Frasassi celebra la giornata internazionale della Terra


In occasione della giornata internazione della terra, Acqua Frasassi celebra il suo magnifico territorio raccontando la storia dell'ultima scoperta da parte del gruppo CAI di Jesi 

 

Nonostante le diffcoltà legate alla pandemia, nell'autunno del 2020 il Gruppo Speleologico della sezione di Jesi del CAI ha consegnato un'ulteriore cavità carsica al patrimonio ipogeo del Parco Naturale Gola della Rossa e di Frasassi. Un altro buio è stato illuminato per la prima volta dall'uomo.

Era il 9 settembre del 2020 quando Michele Merloni, nel corso di una battuta di ricerca speleologica, si sofferma ad analizzare una frattura che attraversa una ripida parete di roccia calcarea, frattura colma di terra e rivestita di vegetazione, e nella quale affonda le radici una rigogliosa roverella. A lui la parola:

“Il tipo di flora che vi osservavo, e il modo in cui le radici della roverella affondavano nel suolo, mi spinsero a mordere quella terra con la piccozza per comprendere se il sospetto di un ingresso carsico ostruito fosse un’intuizione potenzialmente giusta e scavando al di sotto dell’albero mi trovai ad estrarre numerosi frammenti di concrezioni intrappolati tra le radici. Dopo circa un’ora di scavo, mi portai ad osservare la frattura colma di terra da un diverso punto di vista, al di sopra della roverella. Fu lì che scoprii che l’esile striscia di terriccio e sassi che separava l’albero dalla parete di roccia sovrastante era molto soffice, e premendovi con il dito vi affondai per diversi centimetri, sino a percepire un’improvvisa corrente d’aria appena creatasi. Avvicinando una sigaretta accesa a quel piccolo buco appena creato, osservai come il fumo ne veniva aspirato con vigore. Abbandonai dunque lo scavo che stavo effettuando concentrando lì i miei sforzi. Dopo diversi giorni di lavoro e molte pietre rimosse con accortezza, il 16 settembre iniziai ad intravedere quella che pareva essere una levigata parete di grotta oltre una esigua fessura tra le rocce, e lasciandovi cadere dei piccoli sassi ne ascoltai il suono di numerosi balzi che si allontanavano progressivamente. un segno inequivocabile: era una grotta!”

Informati gli altri compagni, l'accesso alla grotta è stato finalmente conquistato il 21 settembre con Antonio Piazza. Per la prima volta, la luce è arrivata laddove prima c'era stata soltanto fantasia e speranza.

Il giorno seguente, anche il presidente della sezione C.A.I. di Jesi, Luca Pieroni, e i geologi Amedeo Griffoni e Sandro Galdenzi, mossero i primi passi all’interno di quella che sarà poi battezzata col nome di Grotta del Cervo Bianco. Il nome scelto è legato alla rarità dell’animale, erano molti anni che non si trovava a Frasassi una nuova grotta con un suo ingresso indipendente e in secondo luogo proprio in questa zona della Gola, tra le più conosciute Grotta del Mezzogiorno e Buco del Colonnello.

           

Il Cervo Bianco raggiunge l’attuale estensione di circa 150 m di gallerie e sale, ma ulteriori sviluppi sono già stati individuati e attendono di essere liberati da terra e fango che li occludono, prima di consentire l’accesso a nuovi ambienti. Trovandosi a poca profondità dal suolo, gli ambienti ipogei presentano diverse popolazioni fungine, radici della flora sovrastante che si intrudono all’interno, dando origine a speleotemi estremamente delicati e affascinanti, e una variegata fauna troglofila e troglossena. Numerosi sono poi i reperti osteologici rinvenuti all’interno, reperti in larga misura riconducibili a roditori, tassi e stambecchi, estinti questi ormai da migliaia di anni nell’area appenninica. Particolarissime ed estremamente delicate le stalattiti cresciute su radici filamentose e ricoperte di latte di monte bianchissimo.

Sono proprio gli interessi rispettivamente biologico e paleontologico a costituire il reale valore della scoperta speleologica, interessi che hanno portato il C.A.I. di Jesi a coinvolgere l’equipe del ricercatore Raoul Manenti di UNIMI nel condurre censimento e analisi della fauna anfibia presente nella grotta e i paleontologi Marco Peter Ferretti e Alessandro Blasetti dell’UNICAM nello studio e nel prelievo delle ossa fossili presenti.  
Durante questo anno e mezzo di ricerche le varie personalità locali quali la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche, l’Amministrazione Comunale di Genga, l’Ente “Parco Gola Della Rossa/Frasassi e le Università coinvolte hanno dialogato in modo costante, aprendo la possibilità in futuro di collaborazioni fattive che rendano la ricerca speleologica sempre più riconosciuta ed apprezzata come strumento di conoscenza del territorio.  

Scoprire una nuova cavità carsica è certamente una rara quanto vivace emozione,” dichiarano gli esploratori della Grotta del Cervo Bianco, “ma riteniamo che questa emozione non debba poi indossare gli abiti del vanto, bensì quelli della condivisione. E’ importante che dalla nostra attività abbia origine l’opportunità di approfondire la comprensione del meraviglioso pianeta che ci ospita, nonché un lascito ereditario di conoscenza da donare alle generazioni che ci seguiranno. Per questo motivo siamo lieti di poter coinvolgere la ricerca accademica, e di potervi operare in perfetta sinergia.

                                                                          

 

Rubrica: Alla scoperta del territorio con gli esperti a cura di Amedeo Griffoni