Territorio

Un anno vissuto pericolosamente - Parte 1

17 maggio 2021

Amedeo Griffoni - Speleologo per una vita

Per la gente comune speleologia sta a significare strisciare in tubi di roccia strettissimi e scendere in pozzi neri senza fondo, pensieri che risvegliano le nostre paure ancestrali più recondite.  Insomma, la conclusione di questi incubi è, come al solito, la frase: “ma voi siete matti! Neanche morto!!!”

Ecco, dopo aver ascoltato la storia che sto per raccontarvi lo speleologo vi sembrerà ancor più di un alieno, e il “chi velo fa fare!” sarà la logica conclusione, piena di ammirazione però!

Tre uomini un giorno, stanchi di dovere percorrere sifoni allagati da fredda acqua sulfurea e fango nero, immergendosi nella semioscurità fino al collo, e di scendere in strettoie che anche un bambino farebbe fatica a superare, decidono di tagliare corto e scavare una scorciatoia per raggiungere “La Caverna delle Meraviglie”.  Eh si, questo era il premio per chi si immergeva in quell’acqua nera, raggiungere due sale coperte di cristalli scintillanti lunghi un palmo nel cuore del monte Valmontagnana.

Le sale in questione sono la logica continuazione di una grotta molto conosciuta e frequentata nella Gola di Frasassi appunto, la Grotta Bella, che si raggiunge calandosi in un tombino a lato della strada provinciale.  Questi due ambienti, raggiungibili solo da speleologi esperti, si trovano molto vicino alle gallerie facenti parte di una grotta vicina, la Grotta Del Fiume, tanto da far pensare che ci potesse essere una comunicazione e quindi un più rapido accesso alla “Caverna delle Meraviglie”.  Così in quel fatidico giorno i tre uomini, mentre bevevano una birra sulla terrazza del “mitico bar” vicino al ponte di San Vittore, decisero di compiere questa impresa faraonica, tutto da soli.

                             

Ecco il racconto di uno di loro, ovvero lo scrivente. Già perché tra quei tre c’ero anche io: 

“Durante un sopralluogo sul lato destro di una sala della Grotta del Fiume, la “Sala del Giornale”, notavamo l'esistenza un cunicolo completamente ostruito da una frana di ciottoli che per lo stato di ossidazione e il grado di erosione non apparteneva allo stesso ambiente ipogeo ed aveva l’aspetto di un deposito periglaciale legato all’aggradazione, probabilmente dell’ultimo periodo freddo risalente a 10-12 mila anni fa. Solamente dopo un ulteriore sopralluogo della seconda parte della Grotta Bella, abbiamo percorso sino al fondo le sale sulfuree e risalito un franone che chiudeva a contatto col soffitto. Le caratteristiche dei massi che lo costituivano mostravano delle somiglianze nella colorazione, nella spigolosità e nel grado di ossidazione con quelle trovate in “Sala del Giornale”, in uscita da quel piccolo condotto ostruito.  Quello stesso giorno c'eravamo dati appuntamento con altri due speleo del gruppo che erano in zona “Pozzo dei Cristalli”, nella Grotta del Fiume, per tentare un primo possibile contatto. Nel silenzio assoluto e nella parte più alta e terminale della frana si sono udite molto debolmente e lontane le voci degli altri due, senza poter definire nulla di preciso. Non avendo ancora potuto intercettare la zona dove poter mettere in contatto i due ambienti, con la sola traccia della somiglianza dei massi della frana, si decise di iniziare a rimuoverla dalla parte della Grotta del Fiume, appunto nella “Sala del Giornale”.  Dopo aver spostato del materiale da quel che sembrava inizialmente una nicchia, si iniziò a delineare una volta, un vero e proprio cunicolo, dove a circa tre metri dall’ingresso, la galleria che stavamo disostruendo si restringeva, salendo molto rapidamente.  Mano a mano che si scavava, procedendo con difficoltà, questa scaricava pietrame in continuazione. Avevamo trovato l’origine della frana ma ancora non sapevamo né se fosse solo un piccolo accumulo e né cosa ci sarebbe stato dietro questo restringimento. Dopo diversi tentativi e nonostante il piccolo spazio conquistato di circa 5 metri quadrati, solo gattonabile in altezza, la frana continuava a riempire il nostro spazio, come volesse dire…non ci provate…o vi sommergo!  Non so se eravamo più testardi o incoscienti, ma insistevamo, conquistando 30 cm alla volta e poi tutto ci crollava di nuovo addosso, riempiendo la nostra saletta di altro materiale. Non ci nascondevamo la sfiducia che spesso ci percorreva nel dover ricominciare a scavare per capire cosa ci fosse veramente dietro questo fiume interminabile di detriti…Dopo molti tentativi di rimozione e successivi crolli…quella strettoia che faceva prevedere un ambiente in salita, si faceva finalmente oltrepassare. Risalendo su quel letto di detriti, con una pendenza di circa 70 gradi, accedemmo ad un nuovo ambiente concrezionato e di analoghe caratteristiche alla sala adiacente mai percorso da uomo, che saliva per circa 9 metri, finendo su un muro a mosaico di grossi detriti con vistose radici di grosse dimensioni, segno della vicinanza con l’esterno.   La nuova zona era troppo instabile ed a rischio di nuovi movimenti di massi e ciottoli.  Il problema era rendere la frana meno minacciosa e per questo si cercò di farla scaricare verso la Sala del Giornale, provocando piccoli smottamenti. Questa operazione ci sembrò interminabile e spostare tutto quel materiale ed allontanarlo non è stato cosa da poco. Una volta stabilizzata la zona, nella saletta di pochi metri quadrati, si notava in basso, sul lato destro della parete, un unico piccolo spazio, una intercapedine tra rocce più grandi sommerse da detriti, che soffiava aria di odore solfureo e presenza di pelle di leopardo, ossia di colonie batteriche fresche, alimentate dai vapori in risalita…..”

E questa è la prima puntata, vi lascio col fiato sospeso e qualche bella foto dell’impresa…TO BE CONTINUED!

                                  

Rubrica: Alla scoperta del territorio con gli esperti a cura di Amedeo Griffoni